LA MONTAGNA BRUCIATA E LE LACRIME DI COCCODRILLO

Ad un mese dall’incendio del Monte Morrone, dopo fiumi di parole e polemiche, chi frequenta la montagna vuole esprimere la propria opinione sugli eventi di quei giorni.
Chi va da qualche tempo per sentieri ha potuto osservare lo stato di incuria in cui da anni sono stati lasciati i boschi e alcuni fatti lo dimostrano. Il 6 marzo 2015 una violenta bufera di vento e neve distrusse molti alberi nella fascia pedemontana del Morrone; le zone interessate, nei pressi di Le Marane Fonte D’Amore e Colle delle Vacche, erano ben visibili prima dell’incendio e sono ancora visibili sulle foto satellitari. Molti tronchi e rami abbattuti furono lasciati a terra a seccare, legna che nessuno ha pensato di togliere e che è stata facile combustibile per il fuoco. Stessa situazione per le slavine che hanno flagellato le pendici del Morrone distruggendo molti boschi e che anche in questo caso nessuno ha pensato di bonificare.
Con queste situazioni ed in caso di prolungata siccità come si pretende di spegnere facilmente un incendio?
Nei giorni scorsi si sono sentite le più svariate opinioni e le più sterili polemiche ma un fatto rimane incontrovertibile: negli anni passati non sono state destinate risorse alla cura del bosco e più in generale alla montagna. Nei mesi passati si è assistito a lunghe ed accese discussioni su come impiegare quella pioggia di soldi che dovevano essere i fondi FAS, quanti Euro sono stati destinati alla cura del bosco ed alla prevenzione degli incendi? Nei giorni dell’incendio è apparsa sugli organi di informazione la notizia che sono stati potenziati gli impianti di innevamento artificiale nell’Alto Sangro, bene, una buona notizia per l’economia del territorio ma questa è la dimostrazione di come sia intesa la montagna: il luogo della neve costruita o il terreno per futili giochi, come la progettata zip-line di Pacentro.
In questi ultimi anni si sono sentite tante belle parole, Abruzzo Regione Verde d’Europa, sviluppo del turismo montano come risorsa del territorio, ecc. ma non si è pensato a curare e proteggere proprio il bene su cui si fondano le belle parole, la montagna. Si pensa al turismo ma non sono stati mai trovati qualche migliaio di euro da destinare alla manutenzione dei sentieri neanche nelle aree protette tanto che il Parco della Majella ha dovuto richiedere la collaborazione di varie associazioni per poter mantenere la fruizione dei sentieri. Dopo tanti mesi la Provinciale Morronese tra Sulmona e Pacentro, e la strada tra Pacentro e Passo San Leonardo sono ancora chiuse.
Il CAI di Sulmona ha più volte segnalato varie criticità chiedendo la regolamentazione del traffico delle piste di montagna per evitarne la circolazione di chiunque; ha più volte chiesto la destinazione di risorse per i sentieri; si è adoperato con i propri modesti mezzi a effettuare la manutenzione dei sentieri sul Morrone ed in altre località come il Parco urbano delle Pietre Regie, certamente per una maggiore frequentazione della montagna ma anche in un’ottica di prevenzione degli incendi: se un sentiero è pulito è più facile raggiungere i focolai.
Ovviamente richieste ed iniziative del tutto ignorate.
Adesso che il danno è fatto tutti a stracciarsi le vesti e piangere lacrime di coccodrillo.
Nell’agosto del 1978 si sviluppò un incendio sul Morrone che partì proprio dalla Fraz. di Le Marane. A quei tempi non c’erano Canadair, non c’erano elicotteri adibiti all’antincendio, le associazioni di protezione civile dovevano ancora essere create. L’incendio fu affrontato da Forestali, Vigili del Fuoco, soldati dell’Esercito e da cittadini comuni armati di “pala e picca”. L’incendio fu domato in tre giorni.
Il comunicato n. 5 del 2 settembre 2017 emesso dal COM di Sulmona-Emergenza incendi elenca i mezzi a disposizione per il Monte Morrone: 6 Canadair (di cui 1 proveniente dalla Francia e 1 dal Marocco) con all’attivo 60 lanci per 6.000 litri cadauno, 2 elicotteri dei Vigili del Fuoco con all’attivo 37 lanci per 1.000 litri cadauno, diverse squadre miste (VV.F. Esercito e Volontari) per un totale di 100 unità con vari mezzi antincendio.
Per spegnere l’incendio ci sono volute tre settimane e gli ultimi focolai sono stati spenti dalla pioggia.
Ci sono state furiose polemiche sull’accorpamento dei Forestali nei Carabinieri ed il loro mancato apporto nell’opera di spegnimento, la ragione o il torto li lasciamo ai polemisti ma chi frequenta i sentieri ricorda i racconti dei vecchi Forestali che lottavano il fuoco con un coraggioso corpo a corpo, adoperando “pala e picca”. Perché non sono stati usati gli stessi metodi? Perché è stato tutto demandato ai mezzi aerei? Perché non si è intervenuto a poche ore dall’inizio dell’incendio oltretutto in una zona del Morrone solcata da una pista e quindi percorribile dagli automezzi? Domande che rivolgiamo a chi si è occupato della fase di programmazione e non a tutti coloro che hanno dato l’anima per spegnere l’incendio e a cui rivolgiamo un caloroso ringraziamento.
Durante l’incendio sono state create ampie strisce tagliafuoco che sono state molto utili per circoscrivere le fiamme, ora speriamo che non diventino piste per motocross o fuoristrada; ricordando anche che esiste una precisa legge regionale che disciplina il transito lungo la viabilità forestale. Su tutte le montagne e non solo sul Morrone
A pochi giorni dal divampare dell’incendio già molti nostri amati politici si sono profusi in promesse di una pronta opera di rimboschimento ma anche qui chi va per sentieri ricorda i passati incendi: 1993 a Introdacqua, 2007 nella piana di Navelli, i grandi incendi di Bussi, Lettomanoppello e Roccamorice sulla Majella. Nessuna opera di rimboschimento è stata compiuta, il territorio è stato abbandonato a sé stesso ma almeno la natura benigna ci ha ridato una rigogliosa vegetazione.
E invece proprio sul Morrone si devono spendere strabilianti cifre per il rimboschimento? E le altre montagne?
Bene hanno fatto i Comuni di Sulmona e di Pratola Peligna a dichiararsi contrari ai rimboschimenti, adesso tutti attendiamo che i soldi promessi siano destinati alla cura dei boschi della Valle Peligna ed a un’efficace prevenzione degli incendi.
Nei giorni successivi all’incendio ci si è giustamente preoccupati dell’eventuale dissesto idrogeologico causato dagli incendi e le eventuali opere per la prevenzione. Dissesto che però esiste da ben prima dell’incendio come testimoniano le numerose frane che costellano le nostre montagne e, per rimanere sul Morrone, come quella che avanza lenta dal Colle della Croce e incombe sulla Fraz. Bagnaturo. Ma anche qui chi conosce un po’ di più la montagna sa che ci avevano già pensato i nostri nonni costruendo briglie che rallentassero l’acqua lungo i profondi valloni del Morrone. Briglie che adesso giacciono nascoste dalla vegetazione o peggio sepolte dai detriti. Forse si potrebbe dargli un’occhiata, pulirle, se necessario consolidarle, così da limitare eventuali danni.
Nei giorni tristi dell’incendio una nota di speranza è venuta dai tanti giovani che si sono offerti volontari e si sono adoperati nell’opera di spegnimento. A loro diciamo solo che la montagna e il proprio territorio non vanno difesi dopo ma vanno amati e tutelati prima. Se avete ancora la passione civile che vi ha contraddistinto aderite alle associazioni che si occupano di protezione civile, di ambiente e di montagna, vi occuperete del vostro futuro.
Da parte nostra ribadiamo la disponibilità a collaborare con chiunque abbia bisogno della nostra esperienza e conoscenza del territorio.
E continueremo a fare quello che sappiamo e possiamo fare. A primavera torneremo sui sentieri del Morrone che ben conosciamo per riportare un po’ di colori, il bianco e il rosso che indicano la via all’escursionista. In attesa che torni il verde.